Gestione del dolore cronico e domande che dovresti fare al tuo fisioterapista
Il dolore cronico riguarda milioni di persone e si presenta con forme e intensità molto diverse. La caratteristica comune è la durata oltre i tre mesi, oppure oltre il tempo usuale di guarigione dei tessuti. Nei primi giorni dopo un trauma o un’irritazione, il sistema nervoso aumenta la sensibilità per proteggere l’area coinvolta. In alcune persone questa sensibilità non si riduce come previsto. Non dipende da una scelta personale né da un problema di forza di volontà. È un fenomeno fisiologico, mediato da cambiamenti chimici ed elettrici nei circuiti del dolore.
Il dolore cronico ha radici sia periferiche (nervi, tessuti) sia centrali (midollo spinale, cervello). Fattori come stress costante, disturbi del sonno, inattività prolungata o aspettative negative aumentano la reattività del sistema. Il dolore diventa quindi più facile da attivare e più difficile da modulare. Questo spiega perché alcune attività normali risultano faticose o provocano sintomi sproporzionati.
La fisioterapia ha un ruolo importante nel riportare stabilità al sistema, ridurre l’impatto del dolore nella vita quotidiana e migliorare la funzione. Una parte fondamentale del percorso è capire che cosa sta succedendo e quali strategie sono utili nel proprio caso. Per questo è utile arrivare alla seduta con domande chiare.
Come funziona il mio dolore?
Un colloquio iniziale dovrebbe chiarire che cosa sta succedendo nel corpo e nel sistema nervoso. La letteratura mostra che spiegazioni semplici, coerenti e basate sui meccanismi biologici riducono paura e incertezza. Molte persone associano il dolore alla presenza di un danno. Nel dolore cronico questa equivalenza non è affidabile. È possibile avvertire dolore anche quando i tessuti sono stabili o guariti (o non c’è mai stata una lesione). La domanda aiuta a capire quali strutture possono essere coinvolte, se sono presenti elementi di sensibilizzazione e quali fattori quotidiani influenzano i sintomi.
Qual è il mio livello attuale di sensibilità?
La sensibilità non è un giudizio sul carattere della persona. È una misura di quanto facilmente i segnali di allarme si attivano. Capire quanto il sistema sia reattivo aiuta a evitare due problemi opposti: forzare troppo, peggiorando i sintomi, o evitare qualsiasi movimento, mantenendo il sistema ipersensibile. La valutazione clinica permette di stabilire un punto di partenza sicuro.
Quale ruolo ha l’esercizio nel mio caso?
L’esercizio è tra gli interventi più sostenuti dalla ricerca. Non serve un programma complicato. Servono coerenza, progressione lenta e adattamento agli obiettivi personali. Gli studi mostrano miglioramenti medi in funzione, mobilità, umore e qualità della vita. Nei casi con forte sensibilizzazione si parte da stimoli brevi e tollerabili. Nel tempo il sistema nervoso tende a diventare meno reattivo. L’esercizio non ha lo scopo di rinforzare aree danneggiate, ma di migliorare la capacità del corpo di gestire il carico e di ricostruire una relazione più stabile con il movimento.
Come posso capire se sto facendo progressi?
Nel dolore cronico i miglioramenti spesso non sono lineari. Ci possono essere giorni migliori e giorni peggiori. Parametri concreti sono: maggiore tolleranza a una camminata, più facilità nei movimenti quotidiani, recupero più rapido dopo le attività, riduzione della frequenza degli episodi più intensi. Alcune persone apprezzano l’uso di un diario semplice, che aiuta a riconoscere tendenze che sfuggono nell’immediato.
Quanto contano sonno, stress e routine quotidiana?
I circuiti che amplificano o riducono il dolore sono gli stessi coinvolti nella regolazione del sonno, dell’attenzione e dello stress. Sonno irregolare, tensione costante o periodi di carico emotivo elevato aumentano la sensibilità del sistema nervoso. Il fisioterapista può aiutare a identificare quali situazioni della vita quotidiana incidono maggiormente sui sintomi. Non per trovare colpe, ma per individuare leve realistiche: pause brevi, organizzazione del carico settimanale, strategie di recupero, abitudini serali più regolari.
Ci sono segnali che richiedono una valutazione medica?
Il fisioterapista ha la responsabilità di riconoscere quando i sintomi non sono compatibili con un quadro muscoloscheletrico non complicato. Febbre persistente, calo di peso importante, difficoltà urinarie o intestinali, debolezza progressiva, dolore notturno non modificabile dalle posizioni, perdita improvvisa di forza o sensibilità sono motivi per rivolgersi al medico. Questa distinzione non indebolisce la presa in carico fisioterapica, ma la rende più sicura.
Che cosa posso fare tra una seduta e l’altra?
Nel dolore cronico la continuità conta più dell’intensità. Alcune strategie utili includono: camminate regolari anche brevi, esercizi condivisi con il fisioterapista, pause attive durante le attività sedentarie, sonno più regolare, monitoraggio dei fattori che peggiorano o alleviano i sintomi. Queste azioni aiutano il sistema nervoso a stabilizzarsi. Con il tempo diventano parte di una routine che sostiene i progressi.
Quanto durerà il percorso?
La durata varia in base a obiettivi, storia clinica, eventuali patologie concomitanti e livello di sensibilità. In molti casi si osservano cambiamenti significativi nel giro di settimane o qualche mese. In altri i progressi sono più lenti. Un percorso realistico si concentra sul miglioramento della funzionalità e della qualità di vita. Il dolore può non scomparire completamente, ma può diventare più gestibile e più prevedibile.
Qual è il mio ruolo nel percorso?
La fisioterapia moderna vede il paziente come parte attiva del processo. Questo non significa fare tutto da soli, ma collaborare nelle scelte, condividere dubbi, comunicare variazioni dei sintomi e costruire insieme una strategia sostenibile. Più il percorso è condiviso, maggiore è la possibilità di adattarlo ai cambiamenti.
Perché è utile fare queste domande?
Le domande non servono a cercare rassicurazioni momentanee. Servono a costruire un quadro comprensibile, che riduca incertezza e aiuti a prendere decisioni informate. Nel dolore cronico la chiarezza è una risorsa clinica. Sapere che cosa aspettarsi e come organizzare la propria routine dà struttura al percorso e migliora la continuità tra una seduta e l’altra.
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