Dolore localizzato, spesso al lato interno del ginocchio, che può insorgere gradualmente, senza un trauma preciso. Sensazione di blocco articolare o di “scatto” durante i movimenti. Gonfiore, rigidità, instabilità, difficoltà nello svolgere azioni comuni come accovacciarsi, fare le scale o camminare a lungo. Talvolta, il ginocchio appare “affaticato” anche dopo piccoli sforzi.
Sono sintomi frequenti nelle lesioni meniscali, in particolare di tipo degenerativo, tipiche dopo i 40–50 anni. In molti casi, la risonanza magnetica conferma la presenza di una rottura. Ma la diagnosi non basta: serve decidere se e come intervenire.
Negli ultimi anni, studi clinici e linee guida hanno chiarito che la chirurgia non è sempre necessaria. In molti casi, la fisioterapia strutturata può offrire risultati equivalenti, con minori rischi e costi. In questo articolo esaminiamo le evidenze più recenti e affidabili per orientare scelte consapevoli e personalizzate.
Che cos’è il menisco e cosa succede quando si rompe?
Ogni ginocchio contiene due menischi: uno interno (mediale) e uno esterno (laterale). Sono composti da tessuto fibrocartilagineo e hanno il compito di distribuire i carichi, stabilizzare l’articolazione e favorire il movimento fluido tra femore e tibia. Con il tempo, però, questi tessuti possono degenerare o rompersi, anche in assenza di un trauma evidente.
Una lesione meniscale può essere:
- Traumatica: più frequente nei giovani sportivi, causata da movimenti bruschi.
- Degenerativa: più comune dopo i 45-50 anni, spesso senza un evento acuto, ma legata a usura e invecchiamento del tessuto.
È importante sapere che molte lesioni degenerative si presentano anche in persone senza dolore o limitazioni. Per questo, la sola presenza di una lesione meniscale alla risonanza magnetica non significa automaticamente che sia necessario intervenire chirurgicamente.
Cosa dicono gli studi più recenti?
Diversi studi clinici randomizzati hanno confrontato l’efficacia della chirurgia artroscopica (meniscectomia parziale) con quella della fisioterapia strutturata, soprattutto nei pazienti con lesioni degenerative e senza segni gravi di artrosi.
- La fisioterapia è efficace quanto la chirurgia nel migliorare dolore e funzione a breve e lungo termine, senza i rischi dell’intervento
- La chirurgia non previene la progressione dell’artrosi e può, in alcuni casi, accelerarla
- Un’altra opzione non chirurgica, come l’iniezione di corticosteroidi, ha mostrato benefici solo temporanei, inferiori rispetto alla fisioterapia a un anno di distanza
La revisione sistematica di Tayfur et al. mostra che le alterazioni neuromuscolari (come la debolezza del quadricipite o la riduzione del controllo motorio) persistono a lungo dopo la lesione o l’intervento, e che un programma di esercizio adeguato può mitigare queste disfunzioni.
Inoltre, l’educazione del paziente è fondamentale: le ricerche qualitative evidenziano che molte persone percepiscono la chirurgia come “l’unica soluzione definitiva”, ma cambiano idea una volta informate sui benefici della fisioterapia.
In cosa consiste la fisioterapia per il menisco?
Gli studi di riferimento descrivono programmi supervisionati, della durata di 8–12 settimane, con esercizi progressivi per:
- migliorare la forza dei muscoli della coscia (soprattutto il quadricipite),
- potenziare la propriocezione (cioè la capacità di percepire e controllare il movimento),
- ripristinare la mobilità articolare e la funzionalità nelle attività quotidiane
Quando è indicata (o necessaria) la chirurgia?
La chirurgia artroscopica può essere appropriata in casi specifici, ad esempio:
- blocco articolare (knee locking),
- lesioni instabili con sintomi meccanici severi,
- fallimento documentato di un percorso riabilitativo ben condotto.
Tuttavia, nei pazienti con lesioni degenerative e senza artrosi avanzata, la fisioterapia rappresenta la prima scelta raccomandata dalle linee guida internazionali.
Conclusioni
Una lesione del menisco non è una “condanna” alla chirurgia. Per molti pazienti, un programma personalizzato di esercizio supervisionato può offrire gli stessi benefici, con meno rischi, minori costi e una più rapida ripresa funzionale. L’approccio di Rehability si basa su un’attenta valutazione iniziale, su percorsi fondati sulle migliori evidenze disponibili, e su una comunicazione chiara con la persona, che resta sempre al centro del processo decisionale.
Informare, rassicurare e accompagnare: è così che si costruisce un percorso efficace, condiviso e rispettoso della persona.
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